DON LUIGI CIOTTI, UNA VITA SULLA STRADA, IERI A ROSETO

Don Luigi Ciotti
Don Luigi Ciotti

Un silenzio religioso. Un uomo, un prete, che da anni lotta contro la droga e la mafia. Ieri sera, nella sala conferenze del Centro Piamarta, tante persone lo aspettavano. Si doveva parlare di droga. Lui è arrivato salutando tutti. Una persona umile che, nonostante i suoi 70 anni, ha ancora voglia di combattere. “Siate umili, non temete di chiedere. E voi, ragazzi, non mollate mai!” ha detto Don Luigi Ciotti. L’espressione dei suoi occhi, la forza della sua parola. Mai sopra le righe, ha ascoltato tutte le domande, anche un monologo un po’ fuori luogo. Ma lui è paziente, e ha aspettato. “Io sono una piccola cosa, è il NOI che vince”, ha affermato con forza Don Ciotti. È stato un incontro che difficilmente dimenticheremo. Parole che ti penetrano nel cuore, che lasciano un segno indelebile.
“Ho sempre creduto che i dubbi sono più sani delle certezze. E se trovate qualcuno nella vostra vita che ha capito tutto salutatemelo personalmente. Siamo tutti molto piccoli, il nostro cammino deve essere un percorso di continua ricerca. A 17 anni la mia vita è cambiata. Ho incontrato su una panchina a Torino un uomo disperato, io ero timido, imbranato. Lo sono ancora oggi e faccio fatica a parlare in pubblico, anche se molti non lo percepiscono”.
Un episodio che ha segnato per sempre la vita di Don Luigi Ciotti. “Questo signore era seduto sulla panchina con tre cappotti addosso e leggeva sempre libri. Io passavo lì con il tram e ogni giorno lui era su quella panchina, sempre solo. Un giorno mi fermai e gli chiesi se volesse un caffè, lui mi ghiacciò perché non rispose, credevo non gli piacesse. Allora gli chiesi se volesse un thé, ma nulla. In quegli occhi c’era una grande sofferenza. Testardo lui, testardo io. Nella vita bisogna avere una sana testardaggine, che significa non mollare alla prima difficoltà. Per dodici giorni sono sempre sceso e ho fatto amicizia con lui. Quest’uomo era un medico. Improvvisamente nella vita può arrivare una tempesta. Di fronte c’era un bar dove alcuni ragazzi, mi disse, entravano e si drogavano. Mi disse il medico che era stanco e malato e di far qualcosa per loro. Così iniziai ad occuparmi della strada”.
Di droga se ne parla sempre meno, come delle altre dipendenze. Il tutto alimentato dalla mafia e dallo stato. Don Ciotti ci dà una speranza e ci invita a non mollare.

Luca Venanzi

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